martedì 16 febbraio 2016
Se puoi, dillo in italiano!
La contaminazione dei termini stranieri nella lingua italiana, soprattutto in quella parlata, ha indubbiamente subito un’impennata negli ultimi anni, quasi da apparire come una moda.
Parole come “fashion”, “light”, “appeal” e “abstract”, per fare qualche esempio, sono entrate nel nostro linguaggio comune tanto da sostituire il corrispettivo in italiano. Sembra quasi che il termine, spesso e volentieri inglese, possa rafforzare in qualche modo il concetto che vogliamo esprimere. Di certo, non sono convinta che sia così. L’abitudine di sostituire vocaboli stranieri, laddove esiste un vocabolo italiano corrispondente, sta trovando finalmente un dissenso sempre più ampio. Sul famoso portale Change.org da qualche tempo è stata lanciata la petizione Dillo in Italiano per, come si legge nella nota, “invitare il governo italiano, le amministrazioni pubbliche, i media, le imprese a parlare un po’ di più in italiano”. In poco tempo, la petizione ha raggiunto quasi 70mila sottoscrittori e sono sicura che continueranno a crescere.
Come sottolineato prima, non sono contraria alla contaminazione. Le lingue cambiano e vivono anche di scambi con altre lingue. Ma sostengo con forza che, laddove, si possa fare a meno, è giusto usare il termine corrispettivo in italiano. Ha senso che ci sforziamo tutti a non sprecare il patrimonio di cultura, di storia, di bellezza, di idee e di parole che, nella nostra lingua, c’è già.
Prima ho fatto degli esempi, secondo voi non è meglio usare la parola “moda” al post di “fashion”? Oppure “riassunto” invece di “abstract”? E di esempi come questi se ne possono fare a centinaia.
Mi auguro che questa iniziativa possa avere un qualche effetto, quantomeno, per limitare l’uso di parole straniere nelle comunicazioni delle Istituzioni e dei mass media. Se partisse da loro l’esempio, sono altrettanto convinta che anche noi riusciremmo a riappropriarci di molte parole della nostra meravigliosa lingua.
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