martedì 25 novembre 2014

STOP alla violenza contro le donne



Una donna su tre, al mondo, è stata picchiata, forzata ad avere rapporti sessuali, o ha comunque subito abusi almeno una volta nella sua vita, secondo fonti statistiche ONU. La Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, il 25 novembre, deve ricordarci la portata patologica di questo problema e le terribili conseguenze per la salute e il benessere individuali, così come per lo sviluppo sociale ed economico.

In Italia sono 179 i femminicidi registrati nel 2013. Un anno nero, con la più elevata percentuale di donne tra le vittime di omicidio mai registrata in Italia, in pratica una ogni due giorni. Rispetto alle 157 del 2012, le donne ammazzate lo scorso anno sono aumentate del 14%. I dati sono contenuti nel secondo rapporto Eures sul femminicidio in Italia. Aumentano i casi avvenuti in ambito familiare, che passano da 105 a 122 (+16%), così come pure nei contesti di prossimità, rapporti di vicinato, amicizia o lavoro, da 14 a 22. Rientrano nel computo anche le donne uccise dalla criminalità, 28 lo scorso anno: in particolare si tratta di omicidi a seguito di rapina, dei quali sono vittima soprattutto donne anziane. In 7 casi su 10 (68,2%, pari a 122 in valori assoluti) i femminicidi si sono consumati all'interno del contesto familiare, una costante nell'interno periodo 2000-2013 (70,5%).



Nel mondo : Sulla violenza alle donne sono stati presentati a Bruxelles i risultati della prima rilevazione statistica europea fatta in 28 paesi con numeri allarmanti. Il 33 % (62 milioni) ha subito violenza fisica e sessuale dall'età di 15 anni. Nel 22% dei casi si è trattato di violenza da parte del partner, assistita anche dai bambini (73%). L’8% l’ha subita nell'ultimo anno e solo un terzo ha contattato la polizia o ha chiesto aiuto ad altri servizi sul territorio, percentuale che scende ancora quando non si è trattato di violenza da parte del compagno o marito. La violenza psicologica è ancora più alta, raggiunge il 43% e comprende, violenza economica, impedimento alla libertà di movimento, controllo, minacce. Le donne che hanno subito una qualsiasi forma di violenza, sessuale o no, sono in Italia il 27%, in Spagna il 22%, in Danimarca il 52%, in Finlandia il 47%, in Svezia il 46%, in Olanda il 45%. Più elevata che in Italia anche la violenza in Francia (44%), in Germania (35%) e Gran Bretagna (44%). Sempre nei paesi del Nord europa le donne sono più esposte alle aggressioni nei luoghi di lavoro: 74-75% delle manager ha avuto esperienza di aggressione a sfondo sessuale nella loro vita.

Perchè tanta violenza? Il vecchio continente europeo che pensa di essere il paladino dei diritti umani e dei processi democratici scivola sulla questione della violenza sulle donne. Il dato di una donna su tre in 28 paesi europei ci mette davanti ad un serissimo problema sociale che lede lo sviluppo della nostra società perché estremamente radicato. Non si tratta solo di una lesione dei diritti umani ma di una mancanza di democrazia nel riconoscere quello che sono uomini e donne davanti agli Stati e davanti all’Europa, ovvero cittadini con gli stessi diritti di cittadinanza. Non siamo in Afghanistan dove la legge viene fatta in casa, non siamo in India, luogo da cui arrivano storie agghiaccianti, siamo in Europa, e la violenza sulle donne di ogni età esiste ugualmente anche se abbiamo molte più leggi a disposizione, abbiamo elettricità 24 ore su 24, acqua corrente a disposizione,  lavatrici, automobili, frigoriferi in ogni casa, e pensiamo che la parità è raggiunta perché c’è il divorzio e si può uscire al cinema la sera con le amiche o gli amici.

Secondo Eures (istituito di statistica europeo) è fondamentale garantire una maggiore assistenza alle vittime di violenza sessuale e di genere attraverso, per esempio, il potenziamento dei centri anti-violenza con lo scopo di prevenire il fenomeno. Venendo così anche incontro alle richieste contenute nella Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica – meglio nota come Convenzione di Istanbul – del maggio del 2011, basata sulle cosiddette tre P: prevenzione, protezione e punizione dei colpevoli. Ebbene la Convenzione è da qualche mese entrata in vigore anche in Italia – paese tra i primi a ratificarla – ma nella sostanza è rimata ancora lettera morta. Qualcuno dice che senza un ministro alle pari opportunità – il dicastero è mantenuto ad interim dalla Presidenza del Consiglio – nulla di concreto mai si realizzerà, Chissà? Voi che ne pensate?

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